Mattmark: il vivo ricordo di una tragedia in Svizzera

Mattmark: il vivo ricordo di una tragedia simbolo del sacrificio italiano in Svizzera

di Carmelo Vaccaro

A fine agosto di ogni anno, il Comitato Mattmark promuove un evento dedicato alla commemorazione delle vittime di questa tragedia accaduta il 30 agosto del 1965, quando persero la vita 88 lavoratori, dei quali 86 uomini e 2 donne: 56 italiani, 23 svizzeri, 4 spagnoli, 2 tedeschi, 2 austriaci e un apolide.
Fu la provincia di Belluno, con 17 vittime, a essere la più colpita, insieme al comune di San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, che perse 7 uomini.

Erano le 17:15 quando un’imponente scheggia del ghiacciaio Allalin si staccò dalla lingua formando una disastrosa valanga di ghiaccio e detriti, calcolati in circa due milioni di metri cubi, che prese in pieno le baracche, le officine e la mensa del cantiere di costruzione della diga di Mattmark, nella parte più profonda della Valle di Saas, nel Canton Vallese.
La tragedia sarebbe stata catastrofica se tutto questo fosse successo solo mezz’ora più tardi, dopo la fine del turno, quando nelle baracche sarebbero stati presenti fino a 700 lavoratori.

Un dovuto ricordo per una tragedia simbolo del sacrificio di molti lavoratori italiani in Svizzera, di coloro che lasciarono l’Italia in cerca di un futuro migliore. Una giornata, quella del 27 agosto scorso, che ha visto molti rappresentanti come S. Ecc. Silvio Mignano, Ambasciatore d’Italia a Berna, Il Console Generale d’Italia a Ginevra, Tomaso P. Marchegiani, Aurelia Zimmermann, Prefetto del Distretto di Viège in rappresentanza del Cantone Vallese, la Senatrice, Laura Garavini, il Segretario Generale del CGIE, Michele Schiavone, il Presidente dell’InterComites, Michele Scala, lo storico dell’emigrazione italiana, Toni Ricciardi. Presenti anche le rappresentanze dei due Com.It.Es. di Ginevra e Losanna.

Per raccontare meglio la storia di Mattmark, abbiamo realizzato un giro di interviste ad alcuni rappresentanti istituzionali in Svizzera.

Ambasciatore Silvio Mignano, anche in Svizzera, come in altri paesi, abbiamo avuti tanti morti sul lavoro, e l’emigrazione italiana ha dato tanto in termini di vite umane in tutto il mondo. Come viene percepito e interpretato oggi il sacrificio di tante generazioni di italiani in Svizzera?

Credo che oggi ci sia una coscienza forte e una consapevolezza di quanto sia stato importante, purtroppo, questo sacrificio. Sappiamo che Mattmark è la seconda più grande tragedia dell’emigrazione italiana nel mondo, preceduta soltanto da quella di Marcinelle nel 1956 in Belgio. La data di Marcinelle è stata infatti giustamente scelta come giornata del ricordo del sacrificio del lavoro degli italiani all’estero. Mattmark ne è purtroppo – ma sarebbe stato meglio che questo non avvenisse mai – una prosecuzione che ha portato tanta tristezza nelle famiglie e nella società italiana tutta, che però è servita e serve per ricordare a tutti il contributo degli italiani e le loro famiglie alla ricchezza e lo sviluppo di questo Paese e dell’Italia nella crescita economica. Credo che ci sia anche una maggiore consapevolezza in Europa, da parte dei paesi presso i quali i nostri connazionali sono emigrati, hanno lavorato e sono morti, di questo fenomeno di immigrazione ed il lavoro ad esso collegato, di come sia servito per lo sviluppo della ricchezza di quei paesi, e non solo del nostro.

La tragedia di Mattmark rimane un mattone importante nella ricostruzione europea, del quale, ripeto, ne avremmo fatti tutti a meno, e che però rappresenta un patrimonio della consapevolezza collettiva.

Ambasciatore, ancora tutti insieme, noi italiani, riuniti attorno ad una tragedia per dimostrare la nostra unione nel ricordo di quanti sono periti qui

Oggi credo che ci siano più di 100 persone qui, in alta quota: un posto non facile da raggiungere, al di fuori delle normali rotte di movimento quotidiano, in un fine settimana durante il quale magari tanti avrebbero fatto altre cose. Invece, sono venuti qui nel ricordo, e questo è importante per dare un segno dell’unità degli italiani.

Michele Schiavone, Segretario del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE). Come possiamo commentare o definire questa tragedia citata come la più importante in Svizzera?

La Tragedia di Mattmark è una delle tante tragedie del lavoro che, insieme a quella di Marcinelle ed altre in giro per il mondo, hanno visto perire tanti nostri lavoratori. Questo evento tragico per noi in Svizzera è di per sé un simbolo, ed è quel simbolo che viene ricordato e commemorato, ogni anno, l’8 agosto, quando il nostro Paese si ritrova a Marcinelle, data che il nostro Presidente della Repubblica e il Parlamento hanno voluto prendere come riferimento per tutte le tragedie sul lavoro che hanno visto protagonisti i nostri connazionali nel mondo.

Ogni anno veniamo qui a Mattmark a commemorare i nostri morti e, insieme a loro, il pensiero profondo rivolto a tutte quelle famiglie che, ancora oggi, non hanno ricevuto giustizia per le sciagure dove hanno perso i loro cari. Mattmark è infatti una piaga perché, ancora oggi, gli 88 lavoratori non hanno ricevuto giustizia giuridica. Le famiglie di questa tragedia, all’epoca, hanno dovuto pagare anche le spese processuali, e questa questione la ritengo vergognosa. Perciò la nostra presenza a Mattmark è una testimonianza di vicinanza alle famiglie di tutti gli 88 lavoratori. Per questa ragione, noi auspichiamo che anche in Svizzera il lavoro possa diventare più sicuro e che ci siano garanzie affinché, non solo nei cantieri edili, ma su ogni posto di lavoro, ci sia la possibilità di essere protetti. Questo è il messaggio di Mattmark, ancora vivo, che lo dimostra con la presenza di persone venute dal Veneto, dal Trentino e da altre regioni italiane; e tutti insieme commemoriamo questo tragico e sventurato evento.

Prof. Toni Ricciardi, storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra, è autore di un libro dedicato proprio a questo evento drammatico: Morire a Mattmark. L’ultima tragedia dell’emigrazione italiana (Donzelli 2015).
Quali sono stati le principali cause che hanno provocato questa tragedia?

In primo luogo, la principale causa è l’accelerazione voluta dalla velocità nel chiudere l’opera. All’epoca, questa diga era la più grande in terra d’Europa. Praticamente, le baracche che furono piazzate qui vicino al cantiere vennero travolte dal ghiacciaio. Il paradosso fu che quando crollò la massa di ghiaccio, non rovinò l’opera in sé per sé, ovvero il cantiere, ma franò sulle baracche, e in pochi secondi spazzò via 88 vite di cui 57 italiane. La presenza dei lavoratori nel momento della tragedia era la manovalanza più bassa, perché gli ingegneri e gli operai qualificati erano ubicati a valle. Quelli che furono colpiti erano minatori che scavavano i tunnel, quelli che facevano i lavori più duri.

Alle nostre spalle è situato il primo monumento che fu dedicato a questa tragedia, quale sentimento esprime questa suggestiva immagine?

Se oggi noi abbiamo una memoria a Mattmark, lo dobbiamo soprattutto all’Associazione Bellunesi nel Mondo, che nasce nel 1966 ripercorrendo la strada dei trentini nel mondo che nacquero all’indomani di Marcinelle. Se volessimo chiuderla con una battuta, Mattmark, per molti decenni, è stata una Marcinelle dimenticata. L’ultima grande tragedia dell’emigrazione italiana che ha ripreso visibilità ed è stata recuperata dall’oblio in occasione del 50esimo, nel 2015. Grazie alla collaborazione del Comitato qui in Vallese e l’Università di Ginevra, abbiamo fatto un progetto di ricerca nazionale.

Michele Scala, Presidente del Com.It.Es. di Losanna – Vallese e Coordinatore dell’InterComites in Svizzera. Dopo quasi 60 anni, quanto è importante ricordare Mattmark e quale messaggio può essere rivolto in questa occasione alle nuove generazioni di emigrati italiani?

È importantissimo ricordare Mattmark alle nuove generazioni, e l’emigrazione storica lo ricorda ogni anno da 57 anni. Mattmark è stato l’ultimo grande cantiere dove era notevole la presenza italiana, senza dimenticare quello del Sempione, del Gottardo, ma anche quelli più piccoli come quello di Vallorbe, dove hanno lavorato tanti italiani e ci sono stati morti sul lavoro.
Mentre qui sono morti 88 operai, di cui 57 italiani, sul cantiere del Gottardo sono morti 200 operai e tanti italiani, e su quello del Sempione sono periti 67 operai. Quindi Mattmark è stato uno degli ultimi cantieri importanti in Svizzera, dove tanti nostri connazionali hanno perso la vita, e dovrebbe essere ricordata dalle nuove generazioni. Per questi motivi, noi stiamo lavorando affinché, il 30 agosto diventi la Giornata della Memoria non soltanto del Canton Vallese, ma di tutta la Svizzera. Siamo fiduciosi di un’apertura del Governo Vallesano in questa direzione.

Domenico Mesiano, Coordinatore Comitato organizzatore. Sono passati 57 anni, e ancor il ricordo suscita emozioni e sentimenti di rabbia. Grazie al comitato organizzativo da lei presieduto, si commemora ogni anno questa ricorrenza: che significato assume questo evento oggi, a quasi 60 anni di distanza dall’accaduto?

Per noi italiani all’estero, e non solo come italiani nel Vallese, questa ricorrenza assume un significato importantissimo, che si lega a tutte le altre tragedie che ha conosciuto l’emigrazione italiana nel mondo. Per noi è fondamentale evidenziare, con dignità, il sacrificio di questi lavoratori contro i quali non bisogna dimenticare che, all’epoca della tragedia, partivano le iniziative contro l’afflusso dell’immigrazione in Svizzera, le iniziative cosiddette Schwarzenbach. Non bisogna nemmeno dimenticare che, come in tanti altri posti, i lavoratori che arrivavano qui erano considerati solo braccia, quindi, manodopera da sfruttare e poi mandare via. Questo era il sentimento della popolazione locale.

Se oggi noi abbiamo l’italianità che è stata iscritta nel Patrimonio immateriale dell’Unesco, su iniziativa del Cantone del Vallese, lo dobbiamo proprio al sacrificio di Mattmark e agli altri che ci sono stati, perché il contributo degli italiani nella crescita del Vallese e le migliaia di lavoratori italiani in Svizzera non deve far dimenticare il contributo alla crescita dell’economia italiana. Oggi possiamo dire che siamo integrati, ma non bisogna dimenticare le origini, ed è importante che, insieme alle autorità italiane e Svizzere, ci siano stati riconosciuti finalmente dignità e rispetto che ci siamo conquistati nel corso di questi anni.

Una breve considerazione su questo bel paesaggio macchiato da questa tragedia: la diga sembra una barriera che divide; ma dall’altra parte, a pochi kilometri, c’è l’Italia. Rispetto ai muri che vengono costruiti per fermare le immigrazioni, questa è una diga di condivisione e di legame che unisce i due popoli: Svizzera e Italia.

In conclusione

Le tragedie di Marcinelle in Belgio, di Robiei in Ticino, di Mattmark nel Vallese ed altre disgrazie, anche minori, sul lavoro, rappresentano storie drammatiche che nella loro tragicità hanno contribuito a tracciare la strada per una più rapida evoluzione nel processo di integrazione dei nostri immigrati italiani nonché quelli degli altri paesi.