Covid-19 Panoramica sulle varianti

Covid-19 Panoramica sulle varianti

della Dott.ssa Ilaria Di Resta

Si parla di varianti del Covid -19, ma cosa sta succedendo? Durante un’infezione su larga scala, la possibilità che si creino delle varianti va di pari passo con la diffusione e replicazione del virus, quindi quello a cui stiamo assistendo è un fenomeno purtroppo atteso e inevitabile.

Il SARS-CoV-2 continua a mutare: le variazioni sono migliaia, ma spesso non significative, finché non si crea una variante che da un vantaggio al virus. Per fare un esempio, è lo stesso fenomeno alla base della resistenza agli antibiotici per i batteri. Sentiamo parlare di variante inglese, sudafricana o  brasiliana, perché sono i paesi dove per prime queste varianti sono state isolate (e dove probabilmente si sono generate), ma è tutto legato alla probabilità che una mutazione si generi e si propaghi nella popolazione. Più una mutazione è efficace alla diffusione del virus, e più questa variante si diffonderà prendendo il posto del virus originale.

La variante inglese identificata come variante B.1.1.7 e la sudafricana identificata come 501.V2, sono ritenute più contagiose e sono ormai diffuse in diversi paesi del mondo. Inoltre sono stati registrati alcuni casi di reinfezione con queste nuove varianti, il che ha molto spaventato la comunità scientifica. Il timore, fondato, è che queste varianti siano più aggressive e possano rendere difficile l’attivazione degli anticorpi sviluppati in una infezione precedente col virus originale, ma al momento non ci sono sufficienti dati per trarre delle conclusioni chiare. Inoltre abbiamo anche la variante brasiliana, in realtà è fatta da due varianti: la B.1.1.28, ribattezzata P.1, e la B.1.1.28. Entrambe queste varianti hanno una mutazione, la E484K che è comune anche alla variante “sudafricana”: l’aminoacido acido glutammico in posizione 484 diventa un altro amminoacido, la lisina. Sappiamo che questa mutazione permette al virus di evadere gran parte della risposta anticorpale dell’uomo e quindi di fatto a propagarsi di più.

La cosa che preoccupa di più non è la singola variante, ma il fatto che, in modo indipendente, in ciascuna delle tre varianti il virus da solo abbia selezionato la stessa mutazione, segno che questa mutazione è effettivamente vantaggiosa per il virus stesso, o perché diventa più trasmissibile o perché aggira le barriere degli anticorpi. In particolare, la mutazione E484K è anche in grado di provocare una riduzione di 10 volte della neutralizzazione da parte degli anticorpi rispetto al virus originale. In Brasile nella capitale dello stato di Amazonas, Manaus, il virus va assai veloce e contagia moltissime persone, nonostante la città sia stata già duramente colpita nel corso della prima ondata, in maniera talmente diffusa da far ipotizzare che si fosse già sviluppata l’immunità di gregge.

Quindi ormai sappiano che le nuove versioni del virus si replicano più velocemente ed ecco perché i contagi si sono propagati a macchia d’olio in diversi paesi. La buona notizia è che, al contrario di molti altri virus della famiglia a RNA, la Sars-CoV-2 ha un sistema interno di verifica e controllo per cui ha una capacità di mutazione limitata: questo lo rende un ottimo bersaglio per i vaccini. Il contrario di quanto accade con Hiv e virus dell’epatite C, che si modificano continuamente in modo sostanziale.

La grande domanda che ci si pone comunque è ovviamente se i vaccini sono efficaci sulle varianti come sul ceppo originale per cui sono stati creati. Gli esperti ci ricordano che è altamente probabile che i vaccini funzionino anche contro le varianti, perché la risposta anticorpale che provocano non è diretta contro singoli pezzi della proteina spike (dove sono state osservate le mutazioni), ma contro l’intera struttura della proteina stessa. Inoltre la risposta anticorpale generata dai vaccini è maggiore di quella generata dall’infezione. Infine è importante ricordare che i nuovi vaccini a base di RNA messaggero possono essere modificati con estrema facilità. Questo ci fa ben sperare.

Non possiamo però contare solo sui vaccini: attendiamo farmaci efficaci per trattare chi si ammala in modo grave. Oggi sono stati messi in piedi diversi protocolli in questo senso, ma di fatto non abbiamo ancora un farmaco specifico per chi si ammala in modo grave.

Una speranza arriva dai farmaci monoclonali, ce ne sono diversi in sperimentazione. Poiché il problema nelle forme gravi sembra essere l’abnorme risposta immunitaria sviluppata contro il virus, il futuro della ricerca dovrebbe concentrarsi sull’identificare un anticorpo monoclonale antinfiammatorio/immunosoppressivo. Ne esistono una quindicina utilizzati per trattare malattie autoimmuni e alcuni sono in sperimentazione contro il Covid, ci auguriamo buone notizie presto anche su questo fronte.

La lotta al virus Sars-CoV-2 che abbiamo ingaggiato con la produzione dei vaccini e con trattamenti medici sempre più mirati è una corsa contro il tempo perché più il virus rimane in circolazione e maggiore è il rischio che si possano creane delle varianti ancora più letali. Non possiamo e non dobbiamo perdere tempo, molti di noi restano in attesa del vaccino, nella speranza che la campagna di vaccinazione (e di distribuzione dei vaccini) sia sempre più efficace per lasciarci alla spalle il più presto possibile questo orribile capitolo delle nostre vite.