Nuova variante? Ancora presto per definirla, ma intanto parliamo di mRNA

Nuova variante? Ancora presto per definirla, ma intanto parliamo di mRNA

Nuova variante? Ancora presto per definirla, ma intanto parliamo di mRNA

a cura della Dott.ssa Ilaria Di Resta

Negli ultimi tempi si sta facendo strada una nuova variante, la variante battezzata XE, ricombinante di BA.1 e BA.2. di Omicron, che presenta tre mutazioni non presenti nelle sequenze BA.1 e BA.2. Queste mutazioni ricombinanti si creano quando un paziente viene infettato da più varianti del virus che replicandosi si si mescolano e formano un nuovo virus. Ancora non sappiamo se questa variante sarà più contagiosa o meno delle Omicron, ma finora non ci sono prove sufficienti per trarre conclusioni sulla trasmissibilità, sulla gravità o sull’efficacia dei vaccini. Vi ricordo che le varianti ricombinanti non sono un evento insolito, e molte sono state identificate dall’inizio della pandemia a oggi. La maggior parte di loro, non avendo un vantaggio di crescita per il virus, sparisce in tempi brevi. È comunque importante non abbassare troppo la guardia e mantenere alcune misure di vigilanza come le mascherine in luoghi chiusi ed affollati e, per chi ancora non l’ha fatto, completare il ciclo di vaccinazioni che, vi ricordo, se non sempre impediscono di infettarsi, almeno limitano la gravità della malattia.

Ora desidero soffermarmi sulla rivoluzione rappresentata dai vaccini a RNA messaggero (mRNA), che sono stati tanto ingiustamente bistrattati da chi non conosce bene la scienza e anche un po’ la biologia di base. Due recenti studi condotti presso l’Università di Yale, ben spiegano come queste molecole normalmente presenti nelle nostre cellule possano essere utilizzate per diventare vaccini o farmaci, grazie al loro meccanismo d’azione. Per capire l’importanza di questa rivoluzione, però, bisogna iniziare spiegando come funziona l’mRNA, o acido ribonucleico, e il suo rapporto col DNA, l’acido desossiribonucleico, contenuto nel nucleo delle cellule e sede del nostro patrimonio genetico, un vero e proprio “libro di istruzioni” su come creare ogni singolo componente dell’organismo attraverso istruzioni dette “geni”.

Nell’uomo ci sono circa tre miliardi e duecento milioni di lettere, le unità di informazione per il funzionamento del nostro organismo; l’alfabeto di cui sono composte è di quattro lettere, G, A, C e T, cioè Guanina, Adenina, Citosina e Timina (dette basi azotate); una determinata sequenza di queste lettere forma un gene. L’RNA usa lo stesso linguaggio del DNA ma un sostituisce la T con la U (Uracile). Il DNA del genoma viene “tradotto” all’interno del nucleo in mRNA, chiamato così proprio perché porta “il messaggio” dal nucleo alla cellula, facendo sì che il messaggio scritto in basi azotate venga tradotto in proteine, a loro volta scritte in un linguaggio diverso, le cui lettere sono venti aminoacidi. I geni sono suppergiù 25 mila, ma non tutti sono tradotti in proteine; ogni cellula ne utilizza circa 5 mila e, in tessuti diversi, sono espressi e tradotti geni diversi, così da creare la specificità di ogni cellula.

Come potete immaginare, le proteine che servono a una cellula del cervello sono differenti da quelle di una cellula del muscolo; i “regolatori” di queste differenze, che decidono quali geni debbano essere tradotti nelle proteine di volta in volta necessarie sono gli mRNA, attraverso interazioni specifiche con alcuni pezzi di DNA che non vengono tradotti, ma servono da interruttori ON/OFF. Per farvi capire l’importanza di questi pezzi non tradotti, esiste un intero filone di ricerca dedicato a comprendere il significato di questa parte di genoma e alle interazioni col l’mRNA, un fenomeno che comprende anche l’epigenetica e cioè l’influenza dell’ambiente circostante sul nostro genoma.

Bisogna anche ricordare che l’mRNA è molecola estremamente delicata, che si degrada facilmente e che, se introdotta in un organismo estraneo, viene attaccata e distrutta facilmente. Per questo ci è voluto così tanto per arrivare a farne un possibile “strumento di lotta alle malattie”. Nel 2005 alcuni ricercatori hanno scoperto che sostituendo alla lettera U una «pseudo-U», il sistema immunitario non considerava più come estraneo un mRNA introdotto dall’esterno, dando l’inizio alla sperimentazione per possibili utilizzi terapeutici. Immaginate che l’mRNA, una volta all’interno delle cellule può agire come un vaccino, se porta nell’organismo l’informazione per produrre proteine di un patogeno contro cui si vuole una risposta immunitaria (come nel caso della spike del Covid 19), oppure un farmaco, se fa produrre proteine mancanti o carenti o se interferisce con il processo di traduzione del genoma, attraverso la produzione “in loco” delle proteine necessarie.

Di fatto basta conoscere la sequenza del gene che porta a una proteina indesiderata responsabile di malattia, o una proteina che il sistema immunitario deve riconoscere come estranea o a una proteina mancante o carente, per creare in provetta un mRNA che una volta all’interno della cellula produca la proteina di cui c’è bisogno. L’importanza di questa scoperta è non solo l’estrema versatilità, ma anche il processo di sintesi biochimica semplice, rapido e facilmente controllabile, che non richiede strutture troppo complesse che dovrebbe aiutare ad avere costi contenuti, oltre che tempi brevi.

Ora l’altro ostacolo è capire come inviare gli mRna-farmaci nei differenti organi: riusciamo a veicolarli al fegato, ma l’obiettivo è portarli anche altrove. Gli studi in corso per trovare strategie per riuscirci o possibili “traghettatori” adatti sono ormai diversi e ne sentiremo presto delle belle.
Siamo spettatori di una rivoluzione della medicina che cambierà il modo di trattare tante malattie che ci affliggono, una scoperta della stessa portata di quella degli antibiotici. Grazie alle ingenti somme investite, la pandemia ha accelerato notevolmente la finalizzazione di decenni di ricerche, e ora l’mRNA è diventato protagonista di una svolta epocale che è stata decisiva per fronteggiare Sars-CoV-2 con i vaccini , ma che presto sarà la chiave per curare molte malattie, anche quelle contro cui oggi non abbiamo ancora armi efficaci.