In un periodo di instabilità politica, con il rischio di elezioni anticipate in qualsiasi momento, si avvicina sempre più il momento delle elezioni per il rinnovo dei Com.It.Es. (Comitato per gli Italiani all’Estero) e, successivamente, quello del CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero).
In un documento pubblicato dal MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) del 4 maggio 2015, si riporta l’esito delle votazioni dei Com.It.Es. nel Mondo; elezioni, ricordo, che si sono svolte cinque anni dopo la scadenza naturale.
Il 17 aprile del 2015, le operazioni di voto hanno interessato 101 Com.It.Es. in 38 Paesi. I dati conclusivi rivelano che su 3.747.341 elettori presenti negli elenchi del Ministero dell’Interno, si sono registrati per il voto 243.162 cittadini (6,5% del totale). A questi, vanno aggiunti 15.382 elettori che si sono spontaneamente presentati pur senza essere compresi negli elenchi del Ministero dell’Interno e che sono stati ammessi al voto dopo i controlli effettuati dagli uffici consolari presso i rispettivi comuni italiani di iscrizione.
Su un totale di 258.544 elettori registratisi per il voto, 167.714 (pari al 64,9%), hanno fatto pervenire in tempo utile il plico elettorale al consolato di riferimento, portando la partecipazione effettiva al 4,46% della platea degli aventi diritto.
I voti validi sono risultati essere 141.284, corrispondenti al 3,75% dell’elettorato.
L’evidente insignificante dato di partecipazione, è dovuto indubbiamente alla legge che ha regolato questa elezione del 2015, la quale prevede che un italiano iscritto all’AIRE, che vuole partecipare all’elezione dei membri dei Com.It.Es., deve iscriversi al Consolato della circoscrizione competente per ricevere il plico elettorale.
Questa procedura non è la stessa prevista per le elezioni politiche e per i referendum, che prevede, invece, che le cartelle elettorali arrivino direttamente a tutti gli iscritti all’AIRE al proprio domicilio. Questa inspiegabile differenza, che rende la procedura per votare i propri rappresentanti nei Com.It.Es. più complicata, ha diminuito drasticamente il numero dei votanti alle elezioni.
A quasi un anno dalla scadenza naturale dei Com.It.Es. eletti nel 2015, sempre al condizionale, le elezioni dovrebbero comunque aver luogo tra il 15 aprile e il 31 dicembre 2021. Qualcuno ha ipotizzato il mese di settembre.
Con quale legge si voteranno i prossimi Com.It.Es.?
Per le elezioni Com.It.Es. e CGIE sono stati stanziati 9 milioni di euro, e si prevede la sperimentazione del voto elettronico, ma niente è sicuro!
Ancora una volta, abbiamo interpellato alcuni parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero per capire meglio come intendono procedere per migliorare il voto per il rinnovo delle rappresentanze Com.It.Es. e CGIE. Ecco di seguito i quesiti.
1) Rieleggere i Com.It.Es con la legge del 2015 rappresenterebbe di nuovo una scarsa rappresentatività, in percentuale, per le rappresentanze elette. Si può ipotizzare di varare finalmente una legge migliore?
2) Oggi i Com.It.Es, per chi li conosce, sono percepiti come una figura di rappresentanza onoraria, ma, insieme a quello che rimane dell’Associazionismo, potrebbero, invece, avere un ruolo importante sul territorio: come intendete procedere per salvare e potenziare la figura di questi importanti comitati?
Senatrice Laura Garavini (IV)
– Guardando con realismo all’attuale contingenza, è abbastanza difficile che in questa fase si creino le condizioni per una riforma del sistema elettorale per i Com.It.Es. L’attività parlamentare è legata soprattutto all’emergenza Covid e, di conseguenza, è improbabile che ci siano gli estremi per un iter parlamentare della riforma. Sarebbe invece diverso se fosse il Governo a farsi promotore di una modifica. Lo stesso discorso vale ancor di più per un’ipotetica riforma dello stesso Cgie, per il quale purtroppo non vedo le condizioni in questa situazione emergenziale.
– Il potenziamento dei comitati si ottiene rendendoli maggiormente rappresentativi e vicini anche alle nuove forme di migrazione. In questo senso, sono dell’avviso che sarebbe utile eliminare l’inversione dell’opzione, ossia questo particolare meccanismo introdotto in via sperimentale che prevede ci si debba iscrivere a un elenco degli elettori per esercitare il proprio diritto al voto. In realtà tale sistema ha innescato un crollo della partecipazione all’ultima tornata elettorale. Penso sia quindi opportuno evitarlo, anche in considerazione di due motivi specifici. In primo luogo, in assenza di una campagna di informazione massiccia si rischia di rendere gli organi di rappresentanza non rappresentativi, perché voterebbero in pochi. In secondo luogo, l’inversione dell’opzione ha reso più problematica la partecipazione delle nuove generazioni, che spesso non sono sufficientemente informate su quello che è realmente il ruolo dei Com.It.Es e il loro lavoro.
On. Simone Billi (Lega)
– I governi degli ultimi 10 anni sono sempre stati di sinistra (Partito Democratico, Italia Viva e i 5 Stelle) a parte una piccola parentesi. Questi governi non hanno mai tenuto in considerazione le istanze, i bisogni e le necessità sollevate dai Comites, facendo sì che queste Istituzioni perdessero di credibilità con gli italiani della vecchia emigrazione e che non ne guadagnassero con gli italiani della nuova.
– La legge elettorale va di sicuro migliorata, ma senza un approccio diverso del Governo di Roma nei confronti dei Comites, la riforma della legge elettorale da sola non è sufficiente ad avvicinare questa Istituzione alle necessità ed ai bisogni della Comunità Italiana all’estero. Sarà importante con il nuovo governo di Centro Destra, con le elezioni, aprire un dialogo costruttivo con queste Istituzioni. I problemi dei Comites dimostrano ancora una volta, che il Partito Democratico, Italia Viva ed i 5 Stelle a parole sono vicino agli interessi degli italiani all’estero, ma nei fatti pensano solo alle proprie poltrone.
On. Elisa Siragusa (M5S)
– Nel 2018 – subito dopo la mia proclamazione, già a inizio legislatura – sono stata forse una delle prime a chiedere una riforma dei Comitati; ciò anche in vista delle elezioni, volte al rinnovo dei loro membri, che si sarebbero dovute tenere di lì a due anni, nel 2020. Tuttavia, il parlamento non è stato in grado di affrontare questo tema: di ciò non posso far altro, purtroppo, che prenderne atto. In ogni caso trovo improbabile che si riesca ad approvare una riforma dei Comites prima delle prossime elezioni, che dovrebbero svolgersi quest’anno. L’unica possibilità sarebbe quella di rinviarle nuovamente: un’opzione che tuttavia credo sia interesse di tutti evitare.
– Vede, un organismo serve, ed è importante, se il suo ruolo è riconosciuto dalla società: non se questo ruolo è riconosciuto soltanto dai membri dell’organismo stesso. Il rischio che vedo – lo dico onestamente – è che questi enti diventino organismi anacronistici. I Comites devono salvarsi da loro stessi. Come? Prima di tutto riuscendo a coinvolgere i nostri connazionali all’estero, facendosi conoscere: non rimanendo chiusi nei piccoli circoli della vecchia emigrazione. A riguardo, la Farnesina potrebbe aiutare e agevolare questo percorso, mediante campagne informative. Ma bisogna cominciare subito, al fine di far partecipare quanti più italiani all’estero alle prossime, imminenti elezioni di questi organismi; i quali sono, purtroppo, per ora sconosciuti ai più.
On. Angela Schirò (PD)
– La questione del superamento del sistema di prenotazione per il voto la stiamo ponendo da tempo sia per migliorare i livelli di partecipazione alle elezioni dei COMITES che per scongiurare, come da più parti viene richiesto, che possa essere esteso anche al voto politico e ai referendum.
Stiamo cercando di assicurare una corsia preferenziale alla proposta di riforma dei COMITES elaborata dal CGIE, che prevede l’eliminazione dell’opzione, senza rinunciare a proporre noi stessi, come PD, un’analoga soluzione, allo scopo di rafforzarla.
I tempi, tuttavia, sono estremamente ristretti, considerando le normali dinamiche parlamentari, resi ancora più difficili dalla crisi di governo, che in ogni caso comporta un fermo dei lavori, e dai condizionamenti della pandemia, che sono a loro volta un freno.
Quindi, per essere onesti, le prospettive sono piuttosto problematiche, anche perché la prenotazione del voto e la ristrettezza della base elettorale sono le leve di tutti coloro, e non sono pochi, che pensano che sulle elezioni all’estero si debba risparmiare.
Non si tratta, dunque, di fare solo una battaglia parlamentare, ma anche, ancora una volta, una battaglia politica e culturale per affermare un punto chiaro, ma che stenta ad essere riconosciuto: i cittadini all’estero sono cittadini di pieno diritto e non possono continuare ad essere considerati in un’ottica di risparmio.
– Non c’è dubbio che si tratta di organismi preziosi che lavorando a stretto contatto con le comunità, meglio di altri livelli di rappresentanza sono capaci di coglierne i cambiamenti, i problemi e le situazioni che volta a volta emergono in base alle dinamiche sociali e culturali.
La loro scarsa considerazione – ma non è sempre e dappertutto così – è determinata da diversi fattori, che non è possibile qui esaminare. Io dico sempre che la prima riforma da fare per rafforzarne il ruolo sia quella di dare loro la linfa per vivere, vale a dire risorse non residuali ma tali da potere elaborare progetti, realizzare programmi, fare iniziative e costruire un bilancio degno di un organismo di rappresentanza. Ecco perché, ogni anno, una delle nostre prime preoccupazioni è stata quella di aumentare le poste in bilancio ad essi dedicate.
La seconda riforma è accrescere la loro autonomia e liberarli dalla tutela dei consoli, soprattutto se si tratti di funzionari portati a fare da chioccia più che da stimolo e da promotori del loro attivismo, consentendo loro, sia pure in un quadro di collaborazione con le rappresentanze diplomatiche, di interloquire anche con le autorità locali.
Infine, essi dovrebbero diventare il perno e il gancio territoriale su cui elaborare i Piani Paese, in cui mettere insieme tutti gli interventi, culturali e commerciali, che l’Italia intende fare su un determinato territorio, con la partecipazione delle forze più attive e consapevoli dei problemi che in quell’ambito si devono affrontare.
Le mie conclusione
Il primo aspetto che emerge è senz’altro una mancanza di autodifesa da parte degli stessi organi di rappresentanza, CGIE e Com.It.Es, i quali negli ultimi 5 anni sono stati opachi e sterili a fronte di questo grave problema di riforma delle loro modalità di voto. Sappiamo infatti che ci sono state alcune occasioni in cui tali istituzioni avrebbero potuto affrontare la questione, in specie il CGIE, mentre i Comites avrebbero potuto svolgere una maggior azione di sprone.
Quello che verrebbe da pensare è che questi stessi organi di rappresentanza non mostrino una sufficiente volontà di modificare il meccanismo elettorale che li regola e un adeguato impegno per ottenere maggiore visibilità e risorse.
A questo si aggiunge una scarsa collaborazione tra questi stessi organi, ovvero tra i Com.It.Es. e il CGIE e i parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero: sembra ci sia un’incapacità, se non un disinteresse, di confronto, di collaborazione, di costituire una rete coesa e feconda, con l’eccezione di qualche caso particolare in cui non è però da escludere un qualche interesse di parte.
Pertanto, dalle risposte dei nostri eletti alla Camera dei Deputati riportate in questo testo, possiamo tranquillamente concludere che la probabilità di modifica della legge relativa alle prossime elezioni di Com.It.Es. e CGIE sia davvero remota.
Per concludere: a mio parere, se si manterrà la legge elettorale in vigore, com’è quasi certo, rischiamo di cadere nel tranello dell’astensionismo, che darà un motivo in più per mantenere un pessimo status quo, se non per peggiorare ulteriormente la situazione.