Fontane di Blavignac: La tecnologia al servizio del patrimonio

Fontane di Blavignac: La tecnologia al servizio del patrimonio

Tre delle quattro fontane di Blavignac sono state scannerizzate e ora esistono in versione tridimensionale.

Motivi e spiegazioni.

Tutti erano sotto shock. Il 15 aprile 2019, che ha visto Notre Dame de Paris andare in fumo, è rimasto nella nostra memoria. Quante opere e sculture di questo edificio di fama mondiale sono state irrimediabilmente danneggiate? Il restauro è già iniziato. Gli artigiani faranno del loro meglio per essere fedeli al modello originale. Ma su cosa si basano i loro lavori? “Per molto tempo abbiamo usato la timbratura”, dice Du Bois.

Lo scultore ginevrino è uno specialista del restauro artistico. Egli racconta come, in passato, fosse pratica comune prendere le impronte di particolari elementi o motivi di un edificio e realizzare calchi in gesso che venivano archiviati e utilizzati come riferimento per i futuri restauri. Mentre era e rimane comune in Francia, la pratica è diventata piuttosto rara in Svizzera, e i gessi, se esistevano, sono spesso andati perduti. Oggi lo stampaggio è di nuovo in uso, ma in una forma virtuale che ha il grande merito di occupare poco spazio e di non toccare superfici a volte fragili: la digitalizzazione 3D.

Una nuvola di punti

Vincent Du Bois è dotato di uno scanner laser, ed è stato lui a rilevare tre delle quattro fontane Blavignac: rue Jacques-Dalphin, place du Marché e place du Temple. In effetti, di questi capolavori dell’Antica Carouge, firmati dall’architetto Jean-Daniel Blavignac, tutti costruiti nel 1868 e classificati come “monumenti storici” nel 1921, sembra che sia giunta a noi poca documentazione. La loro digitalizzazione ci permette finalmente di avere un elemento di riferimento dettagliato in un dato momento T, nel caso di un futuro restauro su larga scala, ma anche nel caso di una riparazione imperiosa.

Come si fa a scattare queste ”foto” in realtà? Lo scanner, che ha l’aspetto di una piccola macchina fotografica, viene posizionato attorno all’oggetto da riprodurre, in vari punti precisi chiamati “punti di scansione”. “Non è necessario scansionare tutto. Per le fontane, abbiamo preso otto scatti ogni volta, alcuni dei quali sono stati presi dall’alto con un canestro per non perdere nulla, soprattutto le campane gotiche”, dice Du Bois. Ciò corrisponde a mezza giornata di scatti per ogni monumento.

Questi scatti generano quella che viene chiamata “nuvola di punti” da cui un robot o un software calcola e ricompone l’immagine in 2 o 3D. Questa elaborazione richiede tempo, in questo caso una settimana per ogni fontana. “Il vantaggio di questa tecnica sta anche nel fatto che non si tocca il pezzo, non si lascia traccia della misura”, sottolinea lo scultore. Questo approccio archivistico proseguirà su altre grandi opere di Carouge.

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