La libertà di esprimersi: un labirinto nella morsa della coscienza

La libertà di esprimersi: un labirinto nella morsa della coscienza

di Carmelo Vaccaro

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.” Lo dice la Costituzione italiana all’art. 21.

Naturalmente e giustamente tale articolo è soggetto a dei limiti, per evitare abusi o un uso illegale di questa libertà. Pensiamo ai reati di opinione che comprendono i delitti contro la personalità dello Stato come per esempio la propaganda e l’apologia sovversiva, il vilipendio alla Repubblica e alle istituzioni costituzionali.
L’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione”.

In ogni caso, sia pur esercitando al propria libertà di espressione nell’alveo della legittimità, a volte sorge un dubbio: al giorno d’oggi si possono ancora avere delle opinioni ed esprimerle apertamente senza essere additati o screditati? Quando non si ha niente da rimproverarsi e finché si tratta di divergenze di opinioni e il tutto viene giustificato e ben argomentato, il principio della libertà di espressione costituisce uno dei pilastri fondamentali della Democrazia.

Una critica costruttiva, una divergenza, una protesta, se viene espressa in buona fede o con intenti costruttivi, dovrebbe essere il modo per migliorare il dialogo che porta sicuramente a potenziare lo sviluppo dei rapporti tra gli uomini. Invece, spesso viene interpretato come un astio per chissà quali motivi. Tali comportamenti inducono ad allontanare il dialogo e lasciano spazio per creare soltanto un mero divario tra le parti che porta ad uno scontro di pensiero. Quindi, sulla base di questo becero concetto, tutto viene preso come un attacco alla persona che, inevitabilmente, spesso reclama rivalsa.

Uno dei motivi che provoca questa reazione a catena è la convinzione prepotente della propria posizione sociale. D’altra parte, se pensiamo alle continue controversie mediatiche tra i nostri politici, spesso solo sterili e strumentali. Ci possiamo rendere conto di quanto la politica influenzi fortemente anche la vita quotidiana del cittadino comune ed il suo comportamento di non rispetto dell’altro nella vita di tutti i giorni. Oggi i concetti non politicamente corretti fanno fatica ad essere ammessi nell’Olimpo della credibilità a meno che non siano rilasciati nell’etere da personalità influenti.
La stessa astiosità la ritroviamo anche tra le tifoserie delle manifestazioni sportive, soprattutto calcistiche.
Se non si inizia dall’alto e da persone influenti un lavoro di come rivolgersi all’altro in maniera civile e non violenta, si rimarrà impantanati in un concetto sterile e soltanto formale di libertà di espressione. Bisogna tornare alla sostanza delle cose.

La libertà di esprimere il proprio pensiero, sempre nei limiti della legge e della libertà e del rispetto dell’altro, è stata una continua battaglia dell’essere umano. Mi chiedo se tutte queste lotte per arrivare ai diritti costituzionalmente garantiti, non siano state vane dal momento che ho come l’impressione che la libertà non rappresenti più una priorità. Tale mio personale pensiero scaturisce nel costatare che l’opinione di uno si rivela sempre come una minaccia per qualcun altro. Una semplice presa di posizione del “qualsiasi” viene considerata come blasfema da altri, anche se lontana dalla violazione della legge. Qualsivoglia pensiero irrita qualcuno oppure va a sfavore degli interessi di altri.

Nell’era dei social e del progresso informatico in genere, la libertà di esprimersi sembra essere arrivata all’apice della convinzione ideologica. In realtà, emerge che un deficit democratico delle nostre società sta diventando palese, laddove prevale il social quale fenomeno di massa. La “Fake News” (notizia falsa), una volta iniettata nella rete informatica, difficilmente potrà essere smentita allo stesso modo. Malgrado si stia parlando a livello politico, ancora oggi, non esiste una legge che punisce la divulgazione di “Fake News”, una prassi praticata soprattutto per discreditare politici e politica.

La ragione del dialogo, del confronto civile, obiettare un argomento con un’argomentazione contraria in un clima di rispetto reciproco diventa l’eccezione quanto dovrebbe essere in primo piano per dare un esempio di democrazia e far prevalere la moderazione nel dialogo che favorirebbe lo scambio di opinioni e migliorerebbe le azioni degli uni e degli altri. Non si tratta di chi deve sventolare la bandiera della ragione, ma piuttosto di evitare di confondere la verità con il dubbio e la credibilità.

Oscurare il dialogo nella non libertà di poter esprimere il proprio pensiero, getterebbe le basi di una società troppo condiscendente, dipendente dal pensiero della massa, esentata dalle scelte che rappresentano il futuro del mondo di domani. Offuscare il libero pensiero, vuol dire indietreggiare e non progredire verso un miglioramento della vita per le future generazioni. Se cosi fosse, tutt’a un tratto calerebbero le tenebre spegnendo la libertà conquistata da tutti coloro che hanno combattuto per essa fino a dare la vita, nella incrollabile speranza che, una volta raggiunta e riconosciuta, la libertà potesse sopravvivere sempre e comunque.

Vorrei concludere con due belle citazioni famose. Il poeta francese Paul Eluard, nel 1942, nel bel mezzo del secondo conflitto mondiale, scriveva versi memorabili che terminavano così:
“E per la forza di una parola, io ricomincio la mia vita, sono nato per conoscerti, per nominarti, Libertà”.
Invece, François-Marie Arouet, in arte Voltaire, affermava:
“Non condivido le tue idee, ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa esprimerle”.