Italiani all’estero: mentre tutto tace il silenzio urla vergogna
di Carmelo Vaccaro
Raccontare sempre le stesse storie potrebbe sembrare lamentoso. Puntare il dito contro le stesse persone, potrebbe diventare una discussione patetica. Lamentarsi perché niente succede dopo fiumi di parole inascoltate, vuol dire battersi contro i mulini a vento.
Pertanto, non starò qui a scrivere per accusare o cercare i colpevoli di una situazione drammatica. Non starò qui a ripetere il valore ancora una volta dell’italiano all’estero per la nostra cara Patria, l’auspicato ritorno del turismo, l’ingiustizia del canone TV senza utilizzare la TV e quant’altro. Tutto ciò all’insegna della parità dei diritti tra italiani. Non starò qui a ricordare che gli italiani all’estero sono i primi consumatori dell’esportazione italiana, non starò qui nemmeno a quantificare il raddoppio dell’emigrazione italiana negli ultimi 15 anni.
Non starò qui a raccontarvi quello che ho già scritto tante volte e tutti sanno, ma sono qui per raccontarvi delle chiusure dei Consolati mentre si raddoppiavano gli italiani e si limitava il personale consolare, dell’umiliazione dell’utenza perché non sa utilizzare i mezzi informatici oramai obbligatori per richiedere qualunque servizio, appuntamento o informazione (mi riferisco alla vecchia emigrazione), della frustrazione di non riuscire a rinnovare un passaporto o una carta d’identità in tempi ragionevoli, dell’impossibilità di chiedere l’autentica su una semplice procura (necessaria per vendere o acquistare immobili in Italia e fanno entrare denaro all’erario), o di rinunciare ad un’eredità senza recarsi necessariamente presso il Tribunale competente o da un notaio italiano. La costernazione dell’utenza nel leggere messaggi dello stesso Consolato che invita il connazionale a rivolgersi ad un Notaio locale perché non riesce a soddisfare le richieste in tempi utili, costringendo, di fatto, il cittadino a pagare profumatamente un servizio che deve essere erogato gratuitamente o con poche centinaia di euro.