La comunità italiana all’estero, e in particolare quella residente in Svizzera, sta attraversando una fase complessa. Non si tratta solo delle difficoltà quotidiane legate alla burocrazia o alla lontananza dall’Italia, ma di una sensazione diffusa di scarsa considerazione da parte delle istituzioni che dovrebbero rappresentarla. A questo clima, già di per sé delicato, si aggiunge la voce di alcuni commentatori e operatori dell’informazione che, forse in buona fede, alimentano un racconto distorto o superficiale. Spesso si parla di questi temi senza conoscere davvero i meccanismi, le competenze e i vincoli che regolano l’azione degli organismi eletti: un atteggiamento che rischia di trasformarsi in un facile tiro al bersaglio.
Parlare male delle istituzioni elette senza prima informarsi equivale, a mio avviso, a “sparare sulla Croce Rossa”. La critica è fondamentale in una democrazia, ma perché sia costruttiva deve poggiare su fatti e su una conoscenza reale delle dinamiche interne. Ricordo bene, mentre scrivo, che anch’io in passato ho criticato il Com.It.Es. e il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE). Non me ne pento, perché le mie erano critiche ponderate, pensate come stimolo a un maggiore impegno quando tutto sembrava fermo. Una critica che nasce dall’osservazione e dall’amore per la propria comunità non ha nulla a che vedere con l’attacco gratuito o con il discredito personale.
Chi desidera oggi puntare il dito contro questi organismi dovrebbe dunque prima informarsi con chi conosce davvero la materia. Perché dietro le sigle, Com.It.Es., CGIE, InterComites, ci sono persone che lavorano, spesso in modo volontario, per dare voce agli italiani all’estero, affrontando difficoltà concrete e non di rado vincoli burocratici imposti dalla stessa macchina statale.
In Svizzera, come in altri Paesi, i Com.It.Es. si riuniscono con regolarità secondo quanto previsto dalla legge. Discutono iniziative a favore dei connazionali, elaborano proposte, segnalano problemi e mantengono un dialogo costante con le autorità consolari. A ciò si aggiungono le riunioni dell’InterComites, dove i rappresentanti dei diversi Comitati si confrontano con i membri del CGIE, scambiando idee e proposte per una strategia comune. Queste non sono riunioni di facciata: si tratta di momenti di confronto vero, in cui si esercita il diritto, e il dovere, di esprimere liberamente le proprie opinioni. Un esempio recente: la maggior parte dei Com.It.Es., tra cui quelli di Zurigo, Ginevra e Losanna, ha diffuso un comunicato congiunto contro il cosiddetto “decreto Cittadinanza”, opponendosi con decisione e facendo sentire la propria voce pubblicamente.
Anche il CGIE ha espresso, in merito a quel decreto, un parere negativo puntuale, pubblicato sul proprio sito ufficiale (https://www.cgieonline.it/). Sullo stesso portale è possibile seguire tutte le attività intraprese, dalle deliberazioni alle iniziative a favore delle comunità italiane nel mondo. Non si tratta di semplici dichiarazioni d’intenti: il CGIE Svizzera, ad esempio nell’ultima Plenaria di giugno, ha presentato 4 ordine del giorno che mette in evidenza alcune criticità concrete e propone soluzioni mirate. Tra queste figurano la richiesta di istituire una sede stabile per uno Sportello Consolare a Losanna, il potenziamento del personale presso i Consolati svizzeri, spesso sottodimensionati rispetto alle esigenze della nostra comunità, una proposta di collaborazione con i notai in territorio elvetico e una riforma delle modalità di iscrizione delle associazioni all’Albo Consolare.
Molti altri temi, che vanno dalla semplificazione dei servizi anagrafici alla tutela dei diritti di chi vive e lavora all’estero, sono già al vaglio della Camera e del Senato, seguiti con attenzione dai parlamentari eletti nella circoscrizione Estero. È un lavoro lungo e complesso, che richiede tempo, mediazione politica e competenze specifiche. Pretendere risultati immediati o accusare di immobilismo chi opera in questo contesto significa ignorare la natura stessa dei processi istituzionali.
Ecco perché, quando si affrontano argomenti che riguardano la vita e i diritti degli italiani all’estero, è fondamentale lasciare alle istituzioni elette il compito di svolgere il proprio ruolo, vigilando certo con spirito critico ma evitando di scadere nell’improvvisazione. Un articolo o un post redatto senza una reale conoscenza dei fatti può minare la credibilità di organi che, con fatica, si impegnano per ottenere risultati concreti.
Se c’è una lezione che possiamo trarre da queste vicende, è che il dialogo informato è l’unica via per rafforzare la nostra comunità. Le istituzioni elette hanno bisogno di essere stimolate, certo, ma anche sostenute e comprese. Solo così la voce degli italiani in Svizzera potrà continuare a farsi sentire con autorevolezza, portando avanti battaglie che toccano da vicino la vita di decine di migliaia di connazionali.