lunedì, Novembre 10, 2025

Incontro con S.E. Vincenzo Grassi, Ambasciatore d’Italia presso l’ONU e le OOII

In un momento storico segnato da guerre, crisi umanitarie e grandi sfide globali, la voce dell’Italia alle Nazioni Unite ha continuato a promuovere dialogo, pace e diritti fondamentali.
Al termine del suo mandato, abbiamo il piacere di parlare con S.E. Vincenzo Grassi, Ambasciatore d’Italia presso le Nazioni Unite e le Organizzazioni Internazionali a Ginevra, per tracciare un bilancio del suo lavoro e guardare insieme alle prospettive future.

Ambasciatore, grazie per aver accettato il nostro invito. Cominciamo dal suo bilancio personale e professionale di questi anni a Ginevra.

Eccellenza, il suo mandato sta per concludersi: qual è il bilancio di questi anni a Ginevra e quali risultati ritiene più significativi per l’Italia nel contesto multilaterale?

Nell’ultimo triennio, il quadro geo-politico internazionale è stato caratterizzato da una lunga serie di crisi e di conflitti che hanno pienamente giustificato l’utilizzo dell’espressione di “guerra mondiale a pezzi”. In tale contesto l’Italia ha svolto il proprio ruolo di importante attore del contesto multilaterale con equilibrio e responsabilità. In particolare, la nostra azione quale Paese Presidente del G7 nel 2024 e specifiche iniziative come “il processo di Roma” e il “Piano Mattei” ci hanno consentito di migliorare ulteriormente la nostra reputazione ed il nostro prestigio presso interlocutori appartenenti a tutti i Gruppi regionali delle Nazioni Unite.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un ritorno dei conflitti su larga scala, dall’Ucraina al Medio Oriente: quale ruolo può ancora giocare l’ONU nella costruzione della pace e nella prevenzione delle crisi internazionali?

Occorre ricordare che le Nazioni Unite, al pari di ogni altra Organizzazione Internazionale, possono svolgere proficuamente il proprio ruolo istituzionale solo ove gli Stati membri siano disposti a sostenerne le missioni, i mandati e le iniziative. Attualmente alcuni grandi Paesi fondatori del sistema onusiano sembrano animati da un forte spirito critico verso la cultura e la prassi del dialogo multilaterale. Una parte di queste critiche è certamente giustificata giacché gli apparati multilaterali sono enormemente cresciuti negli ultimi decenni generando confusioni, duplicazioni, sprechi, proliferazioni di agende ipertrofiche che moltiplicando le priorità finiscono per renderle non perseguibili. Una riforma delle Nazioni Unite è dunque necessaria ed indifferibile ma per essere efficace tale processo riformatore dovrà partire dall’inequivoco riconoscimento che la pace, lo sviluppo, la tutela del pianeta e la difesa dei diritti umani sono irrealizzabili senza il multilateralismo universale. In un mondo che ha visto crescere a causa di conflitti e catastrofi climatiche il numero di rifugiati e sfollati da 20 milioni a 115 milioni in appena 30 anni, quale Paese potrebbe da solo fronteggiare simili sfide?

In questo scenario complesso, come può l’Italia contribuire in modo concreto a promuovere il dialogo e il rispetto del diritto internazionale umanitario?

L’Italia repubblicana ha investito in termini valoriali e concreti nel multilateralismo europeo, atlantico e universale (Unione Europea, NATO, Nazioni Unite). Il Presidente Mattarella ha ricordato in molteplici occasioni l’identità umanistica tra la nostra Costituzione repubblicana ed antifascista e la Carta delle Nazioni Unite (nonché la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani). Ancora pochi giorni fa, in occasione dell’Ottantesima Giornata delle Nazioni Unite, il nostro Capo dello Stato ha ricordato che “l’ONU non è un superfluo orpello diplomatico o un foro di dibattito fine a se stesso” e che “l’impegno italiano nelle Nazioni Unite è asse portante della politica estera del nostro Paese, in attuazione di quanto sancito dall’art.11 della Costituzione”. Mi sembra non ci sia davvero altro da aggiungere circa il dovere italiano di contribuire a promuovere il dialogo e il rigoroso rispetto del diritto internazionale che vediamo oggi così frequentemente e proditoriamente calpestato.

L’Italia ha presentato la propria candidatura alla Presidenza del Consiglio dei Diritti Umani: quali sono le priorità e i valori che il nostro Paese intende portare avanti in questo ruolo?

L’elezione dell’Italia al Consiglio Diritti Umani per il periodo 2026-2028 ha rappresentato un successo di grandi proporzioni che deve legittimamente riempirci di orgoglio. Negli ultimi anni, nessun Paese Occidentale aveva raccolto un consenso di ben 179 voti. Come termine di paragone l’altro Paese europeo eletto in questa sessione (il Regno Unito) ne ha ottenuti 161. Ci ha premiato il nostro approccio equilibrato e non didascalico nei confronti degli altri membri (in particolare i Paesi del Sud) ed una agenda programmatica imperniata su obiettivi nobili e concreti: la lotta alle discriminazioni, i diritti delle donne e dei bambini (con particolare riferimento alle mutilazioni genitali femminili e ai matrimoni precoci forzati) , l’impegno per l’abolizione della pena di morte, la difesa della libertà di credo e religione, la promozione delle eredità culturali, il contrasto al traffico di essere umani, la tutela dei diritti dei disabili e dei gruppi vulnerabili.

Cosa distingue l’approccio italiano alla tutela dei diritti umani rispetto ad altri Paesi e come si concilia con le grandi sfide globali, migrazioni, disuguaglianze e cambiamento climatico?

Rispetto ad altri Paesi, l’Italia si è distinta nel corso degli anni per una impostazione basata sul dialogo evitando approcci supponenti e neo-colonialisti, Nell’ultimo periodo l’Italia ha tessuto una fitta trama di relazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori coinvolgendo l’OIM e l’Alto Commissariato per i Rifugiati in iniziative virtuose volte a favorire l’emigrazione legale sottraendo ai mercanti di essere umani lo spazio per i propri traffici criminali. Si tratta di uno sforzo imponente che inizia però’ già a dare i primi frutti.

Com’è ha vissuto la nostra bella Ginevra durante il suo mandato?

Ginevra è un luogo ricco di storia e di cultura con una identità molto definita e per certi aspetti originale anche rispetto al resto della Svizzera. La sua vocazione internazionale la caratterizza ma la città offre molto altro, sia in termini artistico-culturali che sociali, oltre ad una formidabile bellezza paesaggistica. E la presenza di una comunità italiana forte e variegata ne accresce l’attrattività. Nell’attuale contesto è inevitabile (e forse anche auspicabile) che Ginevra perda una parte della sua componente internazionale anche in ragione di un costo della vita eccessivamente elevato e di una crescente congestione urbana. Ma Ginevra resterà comunque una città-faro del multilateralismo, un luogo simbolico della tolleranza e del rispetto, una memoria suggestiva per chi ha avuto il privilegio di viverci anche solo per qualche anno.

In un mondo attraversato da crisi e cambiamenti profondi, le parole dell’Ambasciatore Grassi ci ricordano l’importanza del dialogo e del multilateralismo come strumenti di pace.
Ringraziamo S.E. Vincenzo Grassi per essere stato con noi e per aver condiviso il suo punto di vista su temi che riguardano tutti noi.

Carmelo Vaccaro

Avec l'appui de la Ville de Genève ( Département de la Cohésion Sociale et de la solidarieté)

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